Via 8 febbraio 1848, la via più centrale di Padova!

via 8 febbraio 1848 Padova

Sulla prima via pedonale della città si affacciano il Municipio, lo storico Caffè Pedrocchi e il Palazzo del Bo, sede storica dell’Università. Non solo: via 8 febbraio ha molto da raccontare


Via 8 febbraio 1848 (clicca sul link e vai alla mappa) è la via più importante della città è una via dal grande valore simbolico, potremo definirla la culla di Padova visto che in seguito a scavi archeologici si è appreso che fu in questa zona, lungo l’ansa del fiume Medoacus, che sorsero i primi nuclei abitativi di Padova, i primi villaggi a partire dall’XI secolo a.C. – X secolo a.C.

Oggi chiamato per lo più “liston” (erroneamente per altro, poiché il liston in origine era in Prato della Valle), fu la prima strada pedonale, chiusa al traffico automobilistico dal 1983. Si tratta della via dello “struscio” del fine settimana sulla quale si affacciano alcuni degli edifici più rappresentativi e simbolici della città. Tra questi il Municipio, Palazzo Moroni, ed i Palazzi comunali, di fronte al quale troviamo il Palazzo del Bo, la sede dell’Università di Padova, e, a poche decine di metri, lo storico Caffè Pedrocchi.

Perché “via 8 febbraio 1848”? Cosa successe quel giorno?

via 8 febbraio 1848 Padova

Perché via 8 febbraio 1848 è un giorno significativo per Padova, tale da meritarsi l’intitolazione della via più centrale della città?

Per molti, i meno informati, l’8 febbraio è semplicemente il giorno della festa delle matricole e della goliardia universitaria ma questa è una semplificazione errata, non precisa. La Padova universitaria, conserva e ricorda, almeno nella popolazione adulta, la grande partecipazione della cittadinanza alle ricorrenze universitarie, della goliardia in particolare. Ma se l’8 febbraio la goliardia festeggia esiste un perché. Più che una festa, in realtà, si tratta di una ricorrenza dolorosa che viene ricordata e celebrata, per quanto i goliardi, per definizione, festeggino e cerchino costantemente l’occasione per divertirsi. E chi li biasima, per altro?!

In questo giorno la goliardia padovana nomina il cambio tribuno, il loro “capo” ma non solo. L’8 febbraio si rende anche omaggio alle vittime di quell’8 febbraio 1848, appunto, quando tra Università e Pedrocchi, studenti e popolani si ribellarono ad un atto di arroganza dei soldati dell’esercito austro-ungarico che reagì innescando una lotta che provocò morti e feriti. Fu uno dei primi moti che scoppiarono quell’anno in tutta Europa e che in Italia segnò una data importante per il Risorgimento. Addossata al Palazzo del Bo, infatti, all’angolo con via Cesare Battisti c’è una targa che ricorda quegli avvenimenti.

Non a caso al Piano Nobile dello Stabilimento Pedrocchi ha sede il Museo del Risorgimento e dell’Età contemporanea, un museo che consigliamo di visitare. Le sale, bianca, rossa e verde (senza obbligo di consumazione per cui deriva il detto “restare al verde”) del piano terra sono un omaggio al tricolore mentre nella sala bianca è ancora visibile un foro dei molti proiettili sparati in quell’8 febbraio 1848.

Lo storico Caffè Pedrocchi

via 8 febbraio Padova

Sul Caffè Pedrocchi che dire se non che rappresenta una delle icone di Padova città dei Tre senza, tra cui il Caffè senza Porte, appunto il Pedrocchi, il Santo senza nome (S. Antonio è per i padovani semplicemente “Il Santo”), il Prato senza Erba (Il prato della Valle in origine non era erboso). Si tratta di un caffè “letterario”, un luogo in cui si incontravano artisti, letterati, politici ed esponenti della borghesia, un agorà se vogliamo della città.

Al Pedrocchi sono molti i personaggi illustri che vi hanno messo piede, tra di questi lo scrittore Stendhal, il quale amava in particolar modo lo zabaione dello Stabilimento Pedrocchi. L’architetto Jappelli, nell’edificarlo, si ispirò alle Caffetteria Mitteleuropee e come dice il “detto” era il Caffè “senza porte”, aperto 24h su 24h. Il Caffè Pedrocchi era in fatti sempre pronto ad accogliere il viandante, lo studente, chiunque non sapesse dove andare e voleva sedersi un po’ in luogo caldo ed accogliente. Questa usanza dell’apertura h 24 si protrasse fino ai giorni immediatamente successivi alla disfatta militare di Caporetto, quando per l’incombere della guerra anche su Padova, divenuta città al fronte, anche il Caffè dovette chiudere e spegnere le luci che potevano dare un riferimento all’offensiva aerea nemica.

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Ovviamente per essere esaustivi non basterebbe un libro, intanto potreste assaggiare il “Pedrocchino”, caffè alla menta specialità della casa e poi salire al piano Nobile, dove potrete trovare, oltre al Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea, la Sala Rossini, un tempo usata come sala da ballo per le feste (in alcune occasioni anche oggi) e altre sale create in omaggio alla figura di Giovanni Battista Belzoni, esploratore ed egittologo che ispirò il personaggio di Indiana Jones a cui fu dedicata la Sala Egizia e quella Moresca e probabilmente le statue di 4 leoni sul cui dorso ogni bambino padovano è stato a cavalcioni almeno una volta e su cui un paio di mesi fa è uscito il fumetto della Bonelli “Il Grande Belzoni” (rileggi il mio post sul fumetto).

Sul lato sud, sotto l’appendice gotica, c’era l’offelleria, frequentatissima all’ora dell’aperitivo, luogo di appuntamento degli ufficiali dei reggimenti di cavalleria di stanza a Padova, banco di vendita delle specialità dei pasticceri come il dolce pazientina, i bignes con lo zabaione, le focacce.

Il Palazzo del Bo, prima sede dell’antica Università di Padova

via 8 febbraio Palazzo del Bo Padova

Il complesso antico dell’università, (vedi nello foto a sinistra lo splendido Cortile Antico recentemente restaurato) fondata nel 1222, seconda in Italia solo a Bologna, fu quello più a nord, quello del cortile antico, opera di Andrea Moroni, recentemente restaurato esistente dal 1493. Prima vi era una locanda, chiamata “al Bo” visto che nella zona insisteva la cosiddetta Contrada Beccherie dove si trovavano macello e le macellerie, o beccherie per l’appunto, da qui il nome Palazzo del Bo per indicare la sede principale dell’Università di Padova. Il bucranio, o teschio di bue, è infatti il simbolo dell’Università degli Studi di Padova.
Sulla facciata del Palazzo l’iscrizione seicentesca di Paolo Beni “Sic ingredere ut le ipso quotidie doctior, sic egredere ut in dues patriae christianaeque reip. utilior evadas. ita demun gymnasium a te feliciter ornatum existimabit”.

Davanti all’Università è frequente inbattersi in feste di laurea con il “malcapitato” o meglio il laureato festeggiato con il tradizionale papiro, il travestimento, le bevute ed i cori goliardici tra cui quello famoso del “Dottore, dottore…” e laddove ora ci sono alcuni negozi c’era la libreria Drucker che contendeva alla Draghi il primato cittadino. Per la presenza continua di docenti e studenti, questa libreria poteva dirsi un vero e proprio club culturale. Entrando all’Università dall’accesso del cortile nuovo, se non siete ancora laureati, camminate ai lati del passaggio, addossandovi al muro. Fino a qualche temp fa c’era una catenella al centro e la superstizione voleva che chi l’avesse scavalcata non si sarebbe mai laureato!

Salite lo scalone al Rettorato affrescato da Gio Ponti (a cui si deve la sistemazione del complesso moderno), incontrerete la Galleria del rettorato, delle Commissioni, del Senato Accademico, la Basilica (così detta per la sua partizione in 3 navate) con il ciclo di affreschi di Pino Casarini esaltante la storia dell’università dal 1848.

Lungo la via, alcuni dei luoghi della Padova Sparita che ricordiamo non senza qualche rimpianto

Peccato che a Padova non ci sia stato uno scrittore equivalente a Joyce per Dublino ma immagino comunque quella che doveva essere la città sul finire dell’Ottocento e i primi anni del Novecento: le vie della città attraversate da carrozze, con signore eleganti dagli ampi cappelli, dai busti rigidi e dalle gonne svolazzanti, austeri signori con cappelli scuri, così come i contadini che portavano i propri prodotti in piazza sui dei carretti, studenti guasconi e perdigiorno e chiassosi mocciosi che correvano di qua e di là inseguiti da mamme in apprensione. E me ne immagino uno di questi tirare per la gonna la madre e convincerla a comprargli una pastarella “Dalla Baratta”.

Negli anni via 8 febbraio 1848 è cambiata molto, a partire dal nome. Fino al 1899 si chiamava “via Università” per esempio. Palazzo Moroni, sede del Municipio, non era, come oggi, protetto ed “anticipato” dall’edificio attuale che da sulla via, che rappresenta un grande Monumento ai Caduti. Questo fu realizzato e completato “solo” nel 1922. Prima c’erano dei fabbricati che ospitavano uffici ed erano in posizione più avanzata rispetto all’attuale municipio.

Se guardate per terra lungo tutta via 8 febbraio 1848 potrete notare delle linee bianche e delle scritte con le quali si sono voluti evidenziare i limiti e la posizione dei vecchi edifici così da mostrare, ad esempio, che un tempo via Università era molto più stretta o che laddove ora c’è la Banca c’era appunto lo Storione (rileggi il post “A Padova c’è una città ai vostri piedi“).

Di fronte al Pedrocchi, tra Piazzetta Garzeria e via Cesare Battisti, laddove vedete quella copertura con i vetri colorati, c’era la pasticceria “Dalla Baratta” sorta nell’aprile 1887 che può considerarsi il primo bar padovano visto che i clienti per la prima volta consumavano in piedi.

Il Teatro Garibaldi e l’Albergo Storione, edifici “spariti” di via 8 febbraio 1848. Che peccato!

In Piazzetta della Garzeria, l’edificio che ospita il supermercato Pam, era un tempo un suggestivo teatro ottocentesco, poi divenuto anche cinema nel corso del secolo successivo: il Teatro Garibaldi, voluto e realizzato da Luigi Duse, nonno di Eleonora Duse la “divina”. Fu in questa piazzetta, presso un bar di inizio Novecento, le fonti parlano del Bar Borsa, che il 29 gennaio 1910 fu fondato il Calcio Padova.
Si trattata di un teatro popolare, molto frequentato, vivace ed amato dei padovani. Un teatrino, completamente fatto in legno che, oltre alle commedie teatrali, e agli spettacoli della Commedia dell’Arte, ospitò anche spettacoli con le lanterne magiche per poi aprire alla grande invenzione dei Fratelli Lumiere, il cinema. Fu abbattuto ad inizio anni Sessanta…un sacrilegio!

L’Albergo Storione, gioiello Liberty, fu abbattuto per far spazio all’attuale banca ed oggi rappresenta uno dei più grandi rimpianti della città ed un altro luogo, assieme al Teatro Garibaldi, e non solo. L’Albergo Storione, simbolo della Belle Epoque padovana, con il suo Salone affrescato da Cesare Laurenti era considerata una tappa d’obbligo per gli ospiti più illustri di ogni specie e nazionalità.

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Anche lo scrittore Guido Piovene lo cita nel suo libro “Viaggio in Italia” e raccontando della cena dei macellai di Padova, scrive: “Giungo a Padova la sera tardi, il giorno dell’Immacolata, prendo possesso della camera allo Storione, e scendo per pranzare. La sala maggiore del ristorante è occupata da un grande pranzo di macellai. Siedo nella sala accanto ma, più che mangiare, sbircio attraverso una tenda. Centinaia di macellai, come ne ho visti solamente a Chicago, intorno a molti preti e frati; il padre rettore del santo, calvo, grasso, occhialuto, seduto a capotavola, è fatto segno a riguardi reverenziali. I macellai di Padova detengonò un privilegio; portano in processione per l’Immacolata il mento e la lingua di sant’ Antonio; la sera, si uniscono a tavola. Fu un pranzo padovano, con pasticcio di maccheroni, bolliti e faraona arrosto; si pronunciavano discorsi faceti in un dialetto, il ruzzantino, incomprensibile anche ai veneti“.

Fu un vero delitto abbatterlo…

Il Teatro Garibaldi e l’Albergo Storione sono senza dubbio i principali edifici della Padova sparita, della quale conserviamo solo la memoria e, per l’appunto, più di qualche rimpianto per non essere riusciti a salvare questi gioielli della nostra città.

Alberto Botton

2 commenti

  1. …si, e’ vero, di libri sulla nostra citta’ ne esistono tanti, ma mi pare di poter dire che non sono scritti con la quantita’ di interessanti particolari e di approfodimenti con cui scrivi tu i tuoi articoli. Al tutto aggiungi un autentico trasporto amoroso che fa capire quanto tu sia fiero di essere figlio di questa citta’ ed erede della nostra storia

  2. …complimenti Alberto, continua cosi’ e farai decisamente un gran lavoro per la nostra bella citta’ di Padova…non sarebbe male se tu riuscissi a pubblicare il tutto in un bel volume…sono molti i padovani che non conoscono la storia della loro citta’ e non sanno, a parte le tante belleze artistiche e culturali di cui dispone, che Padova e’ forse la piu’ antica citta’ italiana…a parte la Magna Grecia…

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