Eccidio nazifascista di Padova. Il 17 agosto 1944 la rappresaglia nel cuore della città

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Tra le numerosi stragi nazifasciste in Italia, anche il centro storico di Padova fu testimone di un eccidio che ogni anno viene ricordato con una cerimonia pubblica


Tra i fatti storici che ogni anno vengono ricordati in città uno di quelli che maggiormente mi hanno sempre colpito è l’eccidio nazifascista di Padova, con la picca di via Santa Lucia e delle fucilazioni alla caserma di Chiesanuova, la caserma Pierobon che prende il nome proprio da una delle vittime.

Parliamo dell’eccidio del 17 agosto 1944 in cui furono vittima 10 persone, tra partigiani, ed altre persone in quel momento detenute, accusate, ingiustamente come vi dirò dopo, dell’assassinio del colonnello fascista Bartolomeo Fronteddu e del suo autista.

Prima di vedere la lapide commemorativa e di partecipare alla commemorazione pubblica venni a sapere di questo tragico evento dal racconto di mia nonna. La storia letta sui libri di scuola, colma di date e fatti, può apparire fredda ma quando a raccontarti quei fatti sono le persone testimoni di quei tragici avvenimenti, con le loro emozioni, i loro ricordi, l’angoscia ancora viva a distanza di decenni, non si può non coglierne la drammaticità. Ritengo infatti prezioso il lavoro di testimonianza di quei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti che negli anni hanno incontrato giovani e studenti per raccontare la loro storia. Presto queste persone non saranno più di questo mondo ma i loro racconti, raccolti in video o scritti, sarà sempre prezioso per mantenere viva la memoria.

Mia nonna in quegli anni lavorava come sarta in un qualche posto del centro storico, di cui purtroppo non ricordo maggiori dettagli. Ricordo di come più di qualche volta mi raccontasse della paura di quando i tedeschi, di tanto in tanto, entrassero nel loro laboratorio per pretendere rammendi delle loro divise e di come loro fossero costrette ad eseguire gli ordini con la minaccia di un mitra puntato contro. Ebbene, mia nonna mi disse che un giorno, il 17 agosto per l’appunto, sentirono una grande confusione di voci, urla, via vai di persone che correvano, qualcuno di loro in lacrime e che lei, con una sua amica, uscì per capire cosa stesse succedendo. Una volta in strada si rese conto che qualcosa di grave era successo in via Santa Lucia e così decise di andare a vedere. E mi raccontò della macabra visione dei 3 partigiani impiccati…erano Flavio Busonera, Clemente Lampioni, Ettore Caldironi. Poi venne a sapere anche degli altri 7 fucilati alla caserma di Chiesanuova, a completamento della “decimazione”.

L’eccidio nazifascista di Padova viene ancora raccontato nel romanzo “Mi chiamano Santo” di Lorenzo Panizzolo, padovano appassionato di storia locale e su cui ho scritto un articolo (clicca il link precedente).

Nello stesso romanzo si ricordano inoltre altre episodi di violenza avvenuti in quegli anni, come l’impiccagione dei 4 martiri sul ponte in direzione a Salboro, noto come “ponte 4 martiri”. In quel frangente 4 ventenni prelevati, per decisione dei comandanti tedeschi, dalle carceri di Este pagarono l’audace azione dei partigiani della Brigata G.L Trentin che il giorno prima, nella notte tra il 29 ed il 30 settembre 1944 fecero crollare il ponte sul canale.

L’eccidio nazifascista di Padova. Cosa successe?

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La “picca” di via Santa Lucia con l’impiccagione dei partigiani Busonera, Lampioni e Caldironi il 17 agosto 1944

Quale fu l’antefatto che portò all’eccidio nazifascista di Padova? Cosa successe dunque? Il fatto scatenante fu l’assassinio a colpi di arma da fuoco del colonnello fascista Bartolomeo Fronteddu e del suo autista. All’indomani, in tutta fretta, senza attendere le indagini, visto che la colpevolezza dei partigiani non era affatto certa, i nazifascisti preparano una rappresaglia prelevando dal carcere Paolotti (dove oggi sorge una sede universitaria all’angolo tra via Belzoni e via Paolotti) 10 detenuti, tra cui vi partigiani e detenuti comuni.

Secondo la dichiarazione di Ugo Michilli, agente di Pubblica sicurezza, il 17 agosto 1944 sarebbe stato il
prefetto di Padova, Federico Menna, a prendere la decisione della rappresaglia, senza aspettare che le indagini sulla morte di
Fronteddu arrivassero ad una conclusione.

In via Santa Lucia furono impiccati Flavio Busonera, commissario politica della brigata “Venezia”, Clemente Lampioni, detto “Pino”, commissario politica della brigata “Stella”, Ettore Caldironi, detenuto comune.
Dettaglio che rende ancor più scabrosa la pubblicazione impiccagione fu il fatto che il cappio preparato aveva una corda troppo lunga sicché le tre vittime non morirono subito perché caddero praticamente in piedi ma soffocarono perché tenuti con forza verso il basso dai boia nazisti.

Alla caserma di Chiesanuova furono fucilati Primo Barbiero, Pasquale Muolo, Cataldo Pressici, collaboratore dei partigiani, Antonio Franzolin, Ferruccio Spigolon, Saturno Bandini, partigiano e Luigi Pierobon, detto “Dante”, comandante brigata “Stella” a cui fu riconosciuta la Medaglia d’oro al VM alla memoria e a lui fu poi intitolata la caserma dove trovò la morte.

Un mese dopo il Tribunale di Padova, trovati i veri responsabili dell’agguato, avvenuto probabilmente come regolamento di conti da parte di altri fascisti per motivi poco chiari, pare motivi passionali, li condannerà a morte tramite fucilazione.

A guerra terminata ci fu un’indagine per punire i colpevoli dell’eccidio. Il prefetto Federico Menna fu inizialmente condannato a morte in contumacia dalla CAS di Padova il 24 ottobre 1946, poi nel
1950 la pena venne commutata in ergastolo, e poi via via ulteriormente ridotta e in parte amnistiata.

La commemorazione pubblica

Ogni anno il 17 agosto si tiene una doppia commemorazione pubblica in memoria delle vittime dell’eccidio: una di fronte alla lapide di via Santa Lucia, proprio di fronte al luogo dell’impiccagione di Busonera, Lampioni e Caldironi, un’altra alla caserma di Chiesanuova, intitolata successiva ad una delle vittime, Pierobon.

Partecipano con i loro gonfaloni le associazioni di partigiani come l’Anpi – comitato provinciale di Padova e l’Associazione Volontari delle Libertà di Padova.

L’eccidio nazifascista di Padova in un libro. “La picca di via Santa Lucia”

La picca di via Santa Lucia libro

Le vicende di questa strage nazifascista a Padova sono raccontate con dovizia di particolari in un libro scritto da Enzo Zatta e Giancarlo Feriotti ed edito dalla casa editrice Cleup. Il libro, intitolato “La picca di via Santa Lucia. Tre eroi sconosciuti della Resistenza. Flavio Busonera, Vittorio Antonelli, Antonio Cherubini“.

Uno dei tre personaggi a cui è dedicato il libro è Flavio Busonera, medico e partigiano da Oristano. A lui è dedicata la via a pochi passo dal luogo in cui fu impiccato assieme ai suoi due compagni e a lui è dedicato l’Istituto Oncologico Veneto di Padova.

Poco conosciuto dai padovani stessi, Busonera si diplomò al liceo Dettori, lo stesso dove ha studiato Antonio Gramsci, e si è laureato in medicina a Cagliari. In questo libro si racconta, con scrupolosa precisione, fatti e retroscena inediti di cui Busonera è stato protagonista, nonché artefice di numerose azioni partigiane che hanno salvato molti giovani dal carcere e dalla deportazione.

Busonera venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria con la seguente:

Durante la lotta di liberazione si distingueva per patriottica attività, arditamente svolta a favore dei partigiani. Tratto in arresto manteneva durante i lunghi interrogatori e nella dura prigionia, contegno nobile ed esemplare. Sacrificato alla rappresaglia tedesca, affrontava con fierezza il capestro, incoraggiando fino all’ultimo i compagni di martirio e sacrificando la vita agli ideali di Libertà e di Patria che aveva sempre servito.

Oltre al racconto di Busonera, gli autori, grazie al ritrovamento di alcuni carteggi salvati dal macero, hanno potuto raccontare altre due storie inedite di altri due coraggiosi personaggi di spicco della Resistenza padovana, altrettanto poco noti. Si tratta dell’ing. Vittorio Antonelli, comandante dei vigili del fuoco di Padova e dell’avv. Antonio Cherubini, direttore della Casa di Ricovero di Padova.

Stragi naziste e fasciste in Italia

Negli ultimi due anni della Seconda Guerra Mondiale l’Italia si trovò a dover fare i conti con una lacerante guerra civile le cui ferite e divisioni ancora non sono state superate. Con la destituzione di Mussolini e la firma dell’armistizio tra Italia e le forze alleate contro le dittature nazifasciste l’8 settembre 1943 il nostro paese si ritrovò occupato dalla Germania nazista nel nord Italia, amministrata dalla neonata Repubblica sociale di Salò. Nel frattempo dal sud Italia verso il nord avanzavano gli Alleati e in tutto il paese prese forza la lotta partigiana per cacciare gli occupanti.

In questi due anni, tra l’Armistizio dell’8 febbraio 1943 e la Liberazione del 25 aprire 1945 furono davvero molte le stragi naziste e fasciste in Italia. I numeri dicono che vi furono oltre 5.500 episodi di violenza omicida ad opera delle forze naziste e fasciste, che causarono la morte di più di 23mila persone. Tra i più noti eccidi nazifascisti in Italia senz’altro c’è il massacro delle Fosse Ardeatine a Roma, successivo all’attentato dei Gap di via Rasella, ma anche la strage di Marzabotto sui colli bolognesi (o eccidio di Montesole), quella di Sant’Anna di Stazzema in provincia di Lucca sulle Alpi Apuane.

In questi numeri rientrano rastrellamenti, esecuzioni esemplari, rappresaglie di cui furono vittime moltissimi civili, tra questi oltre 1500 bambini ed adolescenti furono trucidati. Più della metà delle vittime degli eccidi perpetuati da reparti nazisti di stanza in Italia e forze di polizia fasciste erano civili, gli altri, per la maggior parte erano partigiani impegnati nella Resistenza, antifascisti, religiosi e militari.

Montesole” è l’album “live” del concerto del 29 giugno 2001 proprio a Montesole della band “PGR” (Per Grazia Ricevuta), nata dalla ceneri dei CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti) il cui leader è stato Giovanni Lindo Ferretti

Dopo la conclusione della guerra e a Liberazione avvenuta ci furono diversi crudeli episodi di vendetta perpetuate dalle forze partigiane nei confronti di fascisti o collaborazionisti. Non essendoci stata una Norimberga italiana qualcuno ritenne di farsi giustizia da sé.
Oggi a distanza di 80 anni permangono divisioni ed imbarazzi nel dichiararsi antifascisti, come da Costituzione italiana vorrebbe.
Ad aiutarci e a comprendere questa situazione ci viene in aiuto il professor Barbero in questo video in cui spiega la differenza tra memoria e storia.

Alberto Botton

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