I luoghi della Resistenza a Padova. Una mappa della memoria

Luoghi della resistenza Padova
Questo post vuol essere una prima cernita dei luoghi della Resistenza a Padova, una selezione dei luoghi più significativi in grado di raccontare la drammaticità degli ultimi anni della seconda guerra mondiale.

I luoghi della Resistenza a Padova. La storia e le vicende vissute nel corso della seconda guerra mondiale sono ancora vicine perché ancora vivi sono i ricordi e i racconti delle generazioni che hanno vissuto quella tragica esperienza e, allo stesso tempo, lontane per i più giovani. Per costoro quegli stessi racconti rientrano sempre più in quella grande storia che si trovano a dover studiare nei libri di scuola ma su cui non hanno sentito racconti diretti.

La storia studiata a scuola e guardando documentari, per quanto ben fatti, rischia di essere percepita come lontana quando vengono meno i racconti dei protagonisti di quei fatti, con il loro vissuto, le loro paure, le loro emozioni. Ed è per questo che il prezioso esercizio della memoria è da promuovere in tutte le modalità possibili.

Ecco quindi che ho pensato di proporvi una panoramica dei luoghi della Resistenza a Padova più significativi, in grado di trasmettere delle emozioni, di indurre alla riflessione e di mantenere alta l’attenzione a difesa della nostra, pur problematica, democrazia.

Sono consapevole del fatto che si tratta di una semplice selezione di alcuni dei luoghi della Resistenza a Padova. Gli eccidi nazifascisti negli ultimi due anni di guerra civile in Italia furono molti e ce ne furono diversi anche sul nostro territorio. Così come non mancano targhe e lapidi distribuite in tutta la città.

La Resistenza a Padova

La Resistenza a Padova e la Resistenza veneta ebbe inizio l’8 settembre 1943, giorno in cui fu firmato l’armistizio di Cassibile con gli Alleati della Seconda guerra mondiale. Nacque dunque il Comitato di Liberazione nazionale veneto: molte furono le persone coinvolte, sia uomini che donne, e fitta la rete di scambi e contatti per respingere il nazifascismo e portare in salvo i prigionieri alleati fuggiti dopo l’8 settembre. 

Poche settimane dopo l’Armistizio di Cassibile nacque la Repubblica Sociale Italiana (detta di Salò), voluta da Hitler ed amministrata da Mussolini per governanare l’Italia del Nord sotto il controllo militare tedesco.

In questo biennio è ambientato anche “Mi chiamano Santo“, (clicca per leggere la mia presentazione) il bel romanzo di formazione di Lorenzo Panizzolo che narra le vicende di un giovane ragazzo che si trova a vivere nella Padova del tempo.

Dal settembre 1943 all’Insurrezione dei padovani contro i tedeschi e i fascisti del 28 aprile 1945 con combattimenti in tutto il centro storico (l’ex piazza Spalato oggi è Piazza dell’Insurrezione del 28 aprile) si svolgono i fatti della Resistenza a Padova. Quei fatti sono stati ben narrati dalla trasposizione cinematografica (1998) del romanzo di Luigi Meneghello (1964) “I piccoli maestri” (la copertina del post è un’immagine dal film) da parte del regista Daniele Lucchetti, con un giovane Stefano Accorsi, Giorgio Pasotti, Stefania Montorsi, Marco Paolini, Stefano Scandaletti e con Filippo Sandon e Massimo Santelia che conoscevo ai tempi del liceo Fermi.

Ricordo, tra le altre cose, i giorni in cui fu girato il film con un centro storico trasformato, le scritte e gli striscioni inneggianti al Duce per le strade, le moltissime comparse in vesti militari a prendere ombra sotto ai portici.

liberazione Padova
Una splendida fotografia ricolorata della mattina del 30 aprile 1945 con il passaggio in centro storico della colonna delle truppe alleate, di soldati britannici, per lo più neozelandesi

Tornando alla storia, sarà solo tra la notte del 29 aprile e la mattina del 30 che a Padova sfilerà la colonna della libertà con l’ingresso in città delle truppe britanniche e neozelandesi, in particolare.

Non posso personalmente, in questo piccolo spazio, approfondire più di tanto ma vi segnalo il link dal sito “Il Bo Live” dell’Università degli Studi di Padova in cui si parla del più grande studioso della Resistenza a Padova, vale a dire Francesco Feltrin e del suo libro La lotta partigiana a Padova e nel suo territoriodi F. Feltrin (a cura di Barbara Feltrin e Annita Maistrello, con un saggio di Angelo Ventura, editore Cleup). 

Sempre “Il Bo Live” segnala un altro importante libro sull’argomento, “Voci di partigiane venete“, libro uscito nel 2016 a cura di Maria Teresa Sega con un capitolo dedicato alla Resistenza delle donne padovane scritto da Luisa Bellina. Il capitolo si apre con un virgolettato “Non si poteva dire di no!” che sottolinea la presa in carico e l’impegno preso dalle 5 partigiane la cui storia viene raccontata nel libro stesso, Delfina Borgato, Clara Doralice, Eleonora Lista, Maria Zonta e ancora “Sono cose che si fanno in quel momento perché bisogna farle. Non per avere un riconoscimento“.

Per chiudere questa lunga introduzione ai luoghi della Resistenza a Padova vi segnalo l’importante “Istituto veneto per la storia della Resistenza” istituito presso l’Università. Il 28 marzo 2014 è stato istituito con decreto rettorale il Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea (CASREC)

I luoghi della Resistenza a Padova. La lapide dell’eccidio nazifascista in via Santa Lucia

In via Santa Lucia, in pieno centro storico, potete vedere la lapide dedicata ad uno dei fatti storici più drammatici che inserisco al primo posto tra i luoghi della resistenza di Padova.
Il 17 agosto 1944 è la data dell’eccidio nazifascista di Padova (clicca e leggi l’articolo dedicato) in cui furono uccise 10 persone tra partigiani e cittadini comuni detenuti in quei giorni al Carcere dei Paolotti (dove oggi sorge una sede universitaria), tra via Belzoni e via Paolotti.
Si trattò di una rappresaglia organizzata all’indomani dell’assassinio di un colonnello fascista, Bartolomeo Fronteddu, che, in seguito si dimostrò essere stato uscito da altri fascisti per un regolamento di conti. In via Santa Lucia, proprio di fronte a quella lapide, furono impiccate tre persone (i partigiani Busonera e Lampioni e di Caldironi), le altre sette fucilate nella Caserma di Chiesanuova tra cui un altro partigiano, Luigi Pierobon, a cui fu poi intitolata la stessa caserma.

Luoghi della resistenza a Padova. La lapide presso il ponte Quattro Martiri

Ponte quattro martiri
Ponte Quattro Martiri, sul canale Scaricatore, a sud della città

Nella lotta tra il 29 ed il 30 settembre 1944 i partigiani della Brigata G. L Trentin fecero crollare il ponte di ferro sul Bacchiglione, al tempo chiamato Ponte di Salboro. Il giorno successivo, per ordine dei comandanti tedeschi, furono prelevati dalle carceri di Este, quattro giovani, appena ventenni, detenuti perché renitenti alla leva o per partecipazione a banda armata. I 4 furono impiccati sul ponte e lasciati penzolare per giorni come monito per scoraggiare la Resistenza. Presso il Ponte 4 Martiri c’è un cippo che ricorda le 4 vittime, spesso coperto dalla ricrescita dell’erba sull’argine. Il cippo commemorativo recita “Ai quattro martiri della libertà. Costantini Angelo, Pasquato Renato, Santi Costanzo, Tosetto Attilio vilmente trucidati da nazifascisti il 1/10/1944.

Riguardo a questo triste, a dir poco evento, ho ricevuto poco dopo la pubblicazione di questo articolo un messaggio da parte di uno di voi lettori. Una signora mi ha raccontato di aver parlato con un’anziana signora, classe ’31, che le parlò di come la Gaetana, nota donna della Padova popolare di cui ho scritto (clicca sul link) fu l’unica che ebbe il coraggio di fermarsi e di dire una preghiera per quei 4 ragazzi. La maggioranza delle persone aveva paura di ritorsioni e quindi evitava di fermarsi e rendere loro omaggio. La Gaetana invece si fermò, si inginocchiò davanti a quei 4 corpi appesi e recitò un rosario. Nemmeno i fascisti ebbero il coraggio di mandarla via.

L’installazione di Kounelliss “Resistenza e liberazione” nel cortile nuovo del Palazzo del Bo

All’interno del Cortile novecentesco del Palazzo del Bo, sede storica dell’Università degli Studi di Padova si trova un monumento, un po’ controverso perché non di facile lettura. D’altra parte non tutto deve essere facile e l’opera è un’installazione di Jannis Kounellis (1936-2017) , uno dei più noti esponenti dell’arte contemporanea italiana del Novecento.
L’opera si chiama “Resistenza e liberazione“, commissionata dall’Università nel 1994 ed inaugurata il 29 maggio 1995 come omaggio a tre professori universitari protagonisti della Resistenza partigiana. Si tratta dei professori Ezio Franceschini, Concetto Marchesi ed Egidio Meneghetti. L’Università di Padova, grazie all’azione di costoro e di molti altri tra professori e studenti, fu insignita, unica in Italia, della Medaglia d’Oro al Valore Militare per il ruolo avuto nella Resistenza.

L’opera, inserita nel filone dell’arte povera ed importante per il percorso dello stesso Kounellis, consiste in un’installazione a muro in cui l’artista ha inserito nella parte inferiore travi di legno degradate recuperate nella periferia della città ed abbandonate e, nella parte superiore, delle assi di legno in perfetto stato.
A differenza dell’aspetto monumentale del cortile e dell’altre opere figurative lì vicino, come il “Palinuro” di Arturo Martini, Kounellissi si concentra sulla materia e rappresenta la “Resistenza” con le assi degradate, semidistrutte a ricordare anche la violenza, la distruzione della città durante i bombardamenti, per poi, nella parte superiore passare alla “Liberazione” e quindi alla rinascita, alla ricostruzione.
Se non è chiaro, guardate il video qui sotto!

Palazzo Giusti, “caserma delle torture” della Banda Carità

Banda Carità

Il cinquecentesco Palazzo Giusti, in via San Francesco 55 a Padova, diventa tra fine ottobre ed inizio novembre del 1944 la sede della famigerata Banda Carità, dal nome del leader, il maggiore Mario Carità. Si trattava del Reparto dei Servizi Speciali di Firenze, quello che inflisse più danni ai partigiani toscani e veneti utilizzando metodi brutali come attentati, infiltrazioni, torture. Proprio come quelle che avveniva nel salone e nelle stanza di questo palazzo del centro storico di Padova, a poche centinaia di metri dalla Basilica di Sant’Antonio.
Quando la banda si installò nel quartier generale di Padova ottenne anche una nuova denominazione: “Comando Supremo Pubblica Sicurezza e Serrvizio Segreto in Italia- Reparto Speciale Italiano” alle dirette dipendenze delle SS naziste.

Il palazzo viene allestito come un carcere in grado, a lavori ultimati, di accogliere una 70ina di prigionieri. Nel complesso furono circa 130 i detenuti, alcuni rimasero lì per mesi, qualcuno per giorni, altri per poche ore.

Scrisse Giorgio Bocca nella sua “Storia dell’Italia partigiana”: “A Palazzo Giusti si fa uso di droghe, il sangue e le grida dei prigionieri sono anch’essi droga…i picchiatori ebeti bevono e mangiano mentre bastonano”. Fu dimostrato che alcol e cocaina aizzassero ancora di più i torturatori nella loro ferocia, alimentata anche dalla consapevolezza che la resa dei conti finale era ormai vicina.

Tra le vittime delle torture di Palazzo Giusti ci furono anche il professor Egidio Meneghetti e lo scultore Amleto Sartori (quello del Museo delle Maschere di Abano terme).  I primi padovani arrestati furono il prof. A. Zamboni, docente del Tito Livio e l’avv. Sebastiano Giacomelli; agli uomini della “Banda” va imputata l’uccisione di Otello Pighin “Renato”, di Franco Sabatucci e di Corrado Lubian.

A queste informazioni reperite online aggiungo un ricordo personale e cioè il racconto di mia nonna che sapeva, o che aveva saputo di quel che avveniva a Palazzo Giusti. Ricordo in particolare, tra le varie cose, che mi diceva che venivano strappate le unghie per estorcere informazioni…e chissà che altro. E ricordo di come mi avesse indicato un’anziana vicina di casa come di una collaborazionista dei fascisti e di come, con le sue delazioni, fece arrestare, torturare ed uccidere diverse persone. Mi disse che dopo la guerra un gruppo di partigiani si vendicò picchiandola selvaggiamente e rasandole i capelli. Ricordo inoltre che questa anziana signora viveva da sola con 5 o 6 cani pastori tedeschi , i quali, una notte, attraversarono i campi e fecero strage delle galline dei miei nonni e dei conigli di mio zio…avrò avuto una decina d’anni.

All’esterno di Palazzo Giusti, a ricordo di quel mattatoio, è visibile una targa con il testo della “Canzone della nave” di Egidio Meneghetti (sull’aria del “Ponte di Bassano”). L’immagine della “nave” venne allo stesso Meneghetti che iniziò a cantare una sera per incoraggiare i proprio compagni di prigionia, una “nave travagliata ma impavida contro ogni tempesta… E la mèta era luminosa”.

Negli anni sessanta nacque addirittura un’associazione dei detenuti di Palazzo Giusti per mantenere viva la memoria di quella prigionia, l’ “Associazione degli ex detenuti antifascisti di Palazzo Giusti” e lo scultore Amleto Sartori, su richiesta del prof. Meneghetti realizzò un distintivo da consegnare al gruppo con una lettera di accompagnamento: “A tutti i ricoverati di Palazzo Giusti mi sono permesso di offrire un distintivo disegnato appositamente dal bravo Amleto Sartori. Sul retro noi, in generale, abbiamo fatto incidere il nostro nome. Le stringo cordialmente la mano.
Padova, maggio 1952. f.to Meneghetti
“.

Luoghi della resistenza. Il memoriale a Palazzo Moroni per “I caduti per la libertà”

luoghi della resistenza Padova

Nel cortile d’onore di Palazzo Moroni, il Municipio di Padova, si trova sulla sinistra dopo l’arco di ingresso dell’ala Moretti-Scarpari, la facciata novecentesca dei palazzi comunali, una lapide che ricorda tutte le vittime della Resistenza a Padova, dal 1943 al 1945.

Piazza caduti della Resistenza Padova

Il paragrafo verrà scritto tra qualche giorno

Il Giardino dei Giusti di Padova

Il paragrafo verrà scritto tra qualche giorno

Tempio nazionale dell’Internato Ignoto e Museo nazionale dell’Internamento

Il paragrafo verrà scritto tra qualche giorno

Alberto Botton

6 commenti

  1. Buonasera, mi dispiace ma non so rispondere a questa sua domanda. Non sono a conoscenza di quel di cui mi parla

  2. Buonasera, volevo sapere in quale via si trovava il “covo fiori” doveva essere del maresciallo Demetrio Salis di Allai Sardegna era sposato con una sorella di mia nonna e faceva parte della banda partigiana del Colonnello Domenico Marcello. Grazie

  3. Si certo, di luoghi significativi ce ne sono anche in tutta la provincia ma per me sarebbe un lavoro titanico e troppo impegnativo. Esistono molti libri sul tema, il centro studi dell’Università…ognuno fa quel che può. Per altro il ponte 4 martiri che ho citato e la parte sul Giardino dei Giusti sono comunque in posizioni periferiche rispetto al centro storico.

  4. Può essere opportuna anche una mappa dei luoghi in periferia dove sono avvenuti gli eccidi, ora ricordati con ceppi e lapidi .

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