“Ma quando torno a Padova”, un video per donare un sorriso e sentirci uniti!

Ma quando torno a Padova - Umberto Marcato

E’ online un nuovo video della canzone cantata da Umberto Marcato, che appare brevemente nel video, pensato per donare un sorriso e ringraziare tutte le persone che hanno lottato in prima linea contro il coronavirus.

Il video, con la storica canzone pubblicata nel 1976 (UM Records) riarrangiata in chiave moderna rispetto alle musiche e testi originali di Licia Oliosi , è stato realizzato dall’agenzia SuperFly Lab per AcegasApsAmga.

Cantata con orgoglio dai tifosi del Calcio Padova alzando le sciarpe biancoscudate al cielo, la canzone Ma quando torno a Padova è ormai riconosciuta “a furor di popolo” come l’inno della città.


“Ma quando torno a Padova”, canzone melodica cantata da Umberto Marcato con musiche e testi originali di Licia Oliosi, incisa “solo” nel 1976 (UM Records), anno della mia nascita,  suona come un pezzo ancora più vintage, degli anni Cinquanta. 
E’ cantata in lingua veneta il che dona ancor più sentimento alle parole come altri pezzi di Umberto Marcato, “El Porteo” e “All’Ombra de la Specola“.  Questo è dunque un post che entra a pieno diritto nella categoria “Padova popolare“.

https://www.facebook.com/296222450727180/videos/1440456322793669/
Ma quando torno a Padova Umberto Marcato
File source: http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Umberto_marcato_3.jpg

E’ il caso di fare una traduzione dal veneto all’italiano? Ma si, facciamola almeno per il ritornello: “Ma quando torno a Padova, mi sento a casa mia, non ho malinconia e tutto mi va bene. Cammino sotto i portici, di qua e di là mi incanto, le cupole del Santo, questa città brilla. Ritrovo tutti i popoli davanti a questa basilica, chi ha visto Padova non può scordarla più“.

Umberto Marcato è cantante melodico padovano, classe 1936, che ha iniziato la sua carriera esibendosi in varie orchestre del Veneto e verso la fine degli anni Cinquanta riesce ad ottenere un buon successo, soprattutto grazie ai suoi concerti dal vivo, esibendosi in giro per l’Italia ma anche all’estero, dove ottenne un ottimo riscontro tra gli emigranti italiani, in particolare in Sudamerica ma non solo ed incise alcuni dischi. E’ un po’ il Julio Iglesias de noantri.

Possiamo dire che “Ma quando torno a Padova” sta a Padova come “You’ll never walk alone” sta a Liverpool. Quest’ultima canzone incisa nel 1963 dalla band di musica beat “Gerry and the Pacemakers” di Liverpool è infatti diventato l’inno del Liverpool FC e diventato uno degli inni calcistici più famosi d’Europa, adottato in seguito anche da altre squadre come il Celtic Glasgow ed il Borussia Dortmund ma se il legame tra Liverpool e Celtic è la comune origine irlandese dei suoi fondatori, i tedeschi l’han scelto per puro gusto estetico/melodico…e come dar loro torto. Guardate il bellissimo video che comunica proprio senso di appartenenza, passione e sentimento.

Liverpool mi da l’assist per citare e ricordare come Padova, così come altre città italiane, penso a Parma e Verona, ci fosse una scena di musica “beat” di tutto rilievo. C’erano moltissime band a Padova che si cimentavano in quel genere musicale, volevano essere tutti un po’ beat seguendo l’onda del successo dei Beatles, anche solo per far colpo sulle ragazze, suppongo…Pure mio padre, mi disse di aver iniziato a suonare la batteria portando i capelli come George Harrison però e non Ringo.

Ma torniamo a Padova dunque e alle gradinate dello Stadio Euganeo in particolare in Tribuna Fattori, il settore più caldo del tifo biancoscudato dove prima dell’ingresso delle squadre in campo parte la musica di “Ma quando torno a Padova” e tutti dietro a cantare con le sciarpe tese:

…Ma quando torno a PADOVA

Roma, Londra, Tokyo, Singapore,
tutti posti che me ga incantà…
Ma na spina mi go sempre in coreQuando sò che son lontan da qua…
ogni sera vardo e fisso el cieo
ea luna me soride
ma mi nol par gnanca tanto beo
perchè nol somigia a questo qua…Ma quando torno a PADOVA,
me sento a casa mia,
No go mainconia,
e tutto me va ben…
Camino soto i porteghi,
de cuà e deà me incanto,
e cupoe del Santo,
fa ciaro a sta sità…
Ritrovo tutti i popoi,
davanti a sta basiica
chi che ga visto PADOVA
no poe scordarla più…tuto el mondo i dise el xe eo stesso
rente i monti come rente el mar
ma tanto na volta come adesso
co so via mi vojo ritornar
serco dapartuto el to viseto
serco e to caresse dee to man
questo xe un amore benedeto
perchè el xe un amore padovan…Ma quando torno a PADOVA,
me sento a casa mia,
No go mainconia,
e tutto me va ben…
Camino soto i porteghi,de cuà e deà me incanto,
e cupoe del Santo,
fa ciaro a sta sità…
Ritrovo tutti i popoi,
davanti a sta basiica
chi che ga visto PADOVA
no poe scordarla più...

La musica e l’arte come “storytelling” per raccontare le città!

Colgo l’occasione per parlare di questo tema che trovo interessante e lo faccio ricordando un post su facebook piuttosto recente di un amico che cercava artisti di street art che dedicassero una loro opera al Calcio Padova.
La mia opinione è che tutto ciò sarebbe bellissimo ma ho aggiunto che l’arte su commissione non ha lo stesso valore di una manifestazione artistica di un sentimento spontaneo.

Se a Padova gli artisti, siano essi musicisti o street artist, non omaggiano il Calcio Padova o comunque la città ma preferiscono concentrarsi su altre tematiche, io non andrei a pagare artisti per commissionare loro queste opere, semplicemente facciamoci due domande perché non lo fanno…Forse non sentono molto di appartenere alla città, non ne vanno particolarmente orgogliosi o non riescono nella loro arte a trovare nel particolare e nel locale anche l’universale come altri artisti hanno fatto citando o parlando delle loro città.

Per cui grazie ad Umberto Marcato, al rapper padovano Bomber Citro (ad esempio “I fossi par longo”), allo scrittore Matteo Strukul che con il suo romanzo gotico thriller “La Giostra dei fiori spezzati. Il caso dell’angelo sterminatore” ha omaggiato la nostra città parlando della Padova dell’800, ed io, puntualmente, ho colto l’occasione per ideare ed organizzare assieme ad altre persone degli itinerari culturali e turistici, i Tour nella Padova Gotica dell’800.

Alcuni paesi o città hanno la fortuna di avere tra i propri abitanti personaggi illustri, del mondo della politica, della cultura e dello spettacolo che con la loro personalità, la loro professionalità o la loro arte riescono a trasmettere un’immagine, un’immaginario della città all’interno ma soprattutto anche all’esterno funzionando quasi da agenti di marketing della città stessa.

Pensate a cosa rappresentano gli U2 per l’Irlanda che di certo non è carente di artisti e letterati importanti e in particolare la band di musica tradizionale dei Dubliners per Dublino. Costoro attraverso canzoni tradizionali hanno narrato in tutto il mondo della loro città e commosso e inorgoglito con le loro ballate i dublinesi e gli emigranti irlandesi in tutto il mondo che si possono riconoscere in quelle canzoni, canzoni popolari, che raccontano la vita delle persone semplici come loro e attraverso di queste la città stessa, come ad esempio“Dublin, in the rare oul’ times” , Dirty old town e moltissime altre. Pensate a quello che rappresentano i Beatles per Liverpool: addirittura un’attrazione turistica (come anche gli U2 per Dublino) in grado di attrarre appassionati da tutto il mondo desiderosi di visitare il museo e di vedere i luoghi citati dai Fab four nelle loro canzoni, come ad esempio la celebre Penny Lane.

A livello nazionale varie sono le città che possono vantare musicisti e cantautori in grado di trasmettere all’esterno l’immagine della propria città o identificarvisi con essa. Penso alla Genova di De Andrè e ai suoi carrugi, alla via del campo, di Gino Paoli, alla Firenze dei Litfiba, alla Napoli della canzone napoletana e ai vari Pino Daniele, Gigi D’Alessio, Nino D’Angelo fino ai più contemporanei Almamegretta, 99 posse etc. La via Emilia dei rockers Ligabue e Vasco Rossi, e dei Nomadi, alla Bologna dei cantautori di Luca Carboni, Samuele Bersani, Mingardi, Lucio Dalla, Gianni Morandi fino alla Roma di Antonello Venditti, la Torino “alternativa” dei Subsonica e soprattutto degli Statuto, il gruppo mod torinese che credeva di aver vinto il festival di Sanremo (semicit).

Alberto Botton

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