La Padova del Trecento nell’arte: la veduta di Giusto de Menabuoi

veduta di Giusto de Menabuoi della Padova del Trecento

La più antica testimonianza visiva della città di Padova ci viene dall’arte. Grazie all’affresco di Giusto De Menabuoi all’interno della Basilica di Sant’Antonio abbiamo un’istantanea della Padova del Trecento


Una delle opere d’arte più interessanti e rappresentative degli affreschi della Padova del Trecento è senz’altro la veduta di Giusto de Menabuoi della Padova del Trecento, che si può ammirare all’interno della Basilica di Sant’Antonio. L’opera rientra in Padova Urbs Picta, l’insieme dei cicli pittorici del Trecento inseriti nel 2021 nella lista di siti patrimonio dell’umanità Unesco.

Parlando di affreschi a Padova, bellezze della storia dell’arte che rientrano tra le cose da visitare a Padova, non possiamo comunque limitarci all’arte del Trecento poiché la storia prosegue oltre quel secolo, comunque “d’oro” per la nostra città ed è per questo che Padova si merita l’appellativo di città dell’affresco.
Potrete comunque “toccare con mano” il senso di questo “slogan” anche da questo mio itinerario alla scoperta degli affreschi di Padova, .

Padova Urbs Picta Padova città dell'affresco

La nostra città, infatti, dopo un lungo percorso, è entrata nel 2021 nella lista delle città Unesco grazie agli affreschi del Trecento riconoscendo così a livello internazionale le opere universali di Padova urbs picta“. Indubbiamente un ulteriore certificazione del ruolo e del valore di Padova come città d’arte.

A partire infatti dalla straordinaria rivoluzione artistica di Giotto gli artisti che hanno raccolto la sua eredità e hanno avuto modo di esprimersi a Padova sono stati diversi, grazie anche alla Signoria dei Carraresi che li ha voluto a corte: tra questi Guariento di Arpo, Altichiero da Zevio, Jacopo Avanzi, Jacopo da Verona e Giusto de Menabuoi, il cui meraviglioso ciclo di affreschi al Battistero di Padova ha rappresentato la definitiva consacrazione dell’arte “giottesca” a Padova.

Giusto de Menabuoi, pittore giottesco alla Corte dei Carraresi

Giusto de Menabuoi, nacque a Firenze attorno al 1330 circa e trascorse la sua giovinezza in Toscana ma già a partire dal 1348 viene registrata la sua attività in Lombardia e a Padova. Già una sua opera del 1349 in Lombardia dimostra che il giovane Giusto aveva già conosciuto l’arte del Giotto padovano e quindi questo fa presupporre un suo viaggio a Padova dove ebbe modo di conoscere anche l’arte di Guariento. Divenne anch’egli pittore della corte dei Carraresi e fu proprio a Padova che realizzò le sue opere più importanti a partire dagli affreschi nella Cappella Cortelleri alla Chiesa degli Eremitani (1370) di cui rimangono però pochi lacerti. Tra il 1375 ed il 1378 realizzò il suo più grande capolavoro con il suo Giudizio Universale nel Battistero del Duomo di Padova, opera commissionata da Fina Buzzaccarini, moglie del principe Francesco I da Carrara con l’intenzione di fare dell’edificio un mausoleo di famiglia.

Attorno al 1380 fu impegnato nell’affrescare, all’interno della Basilica di Sant’Antonio la tomba da Vigonza con “l’Incoronazione della Vergine”, i Santi protettori della famiglia e i ritratti di Niccolò e Bolzanello da Vigonza prima di realizzare nel 1382 l’opera d’arte di cui ho pensato di parlare in questo post.

Alla Basilica di Sant’Antonio l’arte di Giusto de Menabuoi ritrae la Padova del Trecento

veduta di Giusto de Menabuoi della Padova del Trecento
Sant’Antonio annuncia al Beato Luca Belludi la liberazione di Padova dalla tirannia di Ezzelino III da Romano.

La veduta della Padova del Trecento fu realizzata nel 1382 da Giusto de Menabuoi e si trova nella Cappella del Beato Luca Belludi all’interno della Basilica di Sant’Antonio .
Il suo valore, oltre che artistico, risiede anche nella sua testimonianza storica: si tratta infatti della più antica rappresentazione di Padova!
La cappella che “contiene” quest’opera è dedicata agli  apostoli Filippo e Giacomo il Minore ma ha preso il nome di Luca Belludi dal nome di colui che fu amico e compagno di Frate Antonio negli ultimi tempi della sua vita, in particolare tra il 1230 ed il 1231. Il “Santo”, morì infatti, il giorno 13 giugno, ricorrenza celebrata da allora ogni anno con la Festa di Sant’Antonio e la processione.

All’interno della Basilica, la Cappella Belludi è facilmente individuabile. Si trova dopo l’Arca in cui riposa Sant’Antonio, sulla sinistra rispetto alla Cappella della Madonna Mora. Questa piccola cappella, inoltre, costituisce il nucleo più antico della Basilica, ed altro non era se non l’antica chiesetta tanto amata da Sant’Antonio quando era ancora in vita e presso la quale espresse il desiderio di essere sepolto.
Questa cappella, realizzata per conto di Naimerio e Manfredino Conti, due fratelli patrizi padovani è costituita da un unico ambiente con una copertura a volta a crociera si suddivide in due aree: lo spazio dei fedeli con la storia dei Santi Fillippo sulla sinistra e Giacomo sul lato destro mentre lo spazio dell’abside è dedicato alla trascendenza e all’intercessione.

La cappella è decorata da ben 68 affreschi ma quello che voglio mostrarvi vi salterà subito all’occhio quando ci sarete di fronte: lo vedrete sulla sinistra e rappresenta l’apparizione di Sant’Antonio al fraticello Luca Belludi (patrono degli studenti, a cui si affidano prima degli esami, uno dei primi iscritti all’antica Università di Padova) che gli predice la notizia della liberazione di Padova dalla dominazione del tiranno Ezzelino da Romano (1256). Potremo chiamare l’opera “La Padova liberata” quindi….
Naturalmente Giusto de Menabuoi voleva raffigurare la Padova in cui Sant’Antonio predicava, la Padova comunale del Duecento o meglio quello della tirannia di Ezzelino ma le fattezze sono quelle della città a lui contemporanea anche se, all’epoca della Signoria dei Carraresi, oltre alla prima cerchia di mura della città comunale, vennero realizzate una seconda ed una terza cerchia di mura.

Quello che si vede è una bellissima immagine della Padova medievale con le sue mura alte e possenti, le molte case-torri dei patrizi padovani, si nota il Palazzo della Ragione e ancor di più, sulla sinistra il Castello di Padova con le sue torri dipinte a scacchi bianchi e rossi, i colori della città. Si vede anche la torre principale, il mastio detto  Torlonga, oggi nota come Specola e divenuta nel 1777 Osservatorio astronomico.

La Basilica di Sant’Antonio con questa e altre opere rientra nei luoghi Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, promossi come Padova Urbs Picta, un riconoscimento importante del quale Padova si può fregiare.

Alberto Botton

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