Il Museo di Scienze Archeologiche e d’Arte dell’Università di Padova. Dal 1805 una meraviglia da scoprire!

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Chi come me ha studiato archeologia a Padova tra la metà degli anni ’80 e ’90 non puo’ aver dimenticato dove si svolgevano seminari e lezioni della scuola di specializzazione in Archeologia: un’“aula” dalle pareti verde pallido ricavata nel polveroso Museo universitario di “Scienze archeologiche e d’arte”, all’ultimo piano della Facoltà di Lettere. Pochi di quegli studenti avrebbero potuto immaginare quale meraviglia sarebbe riemersa di lì a pochi anni grazie al restauro, che nel 2004 ha restituito a Padova uno dei suoi piú preziosi Musei universitari. 

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Tra coloro che vi avrebbero senz’altro scommesso c’è Alessandra Menegazzi (foto a sinistra), attuale conservatore del Museo ed ex studentessa dell’Istituto di Archeologia, che da vent’anni, con paziente e amorevole cura si occupa delle collezioni e della loro valorizzazione, organizzando molteplici attività che coinvolgono studenti universitari, ma anche visitatori esterni.

Ci incontriamo in Museo, dove Alessandra Menegazzi mi accoglie da vera padrona di casa, raccontandomi la storia del Museo dal 1805, anno in cui la collezione archeologica ed antiquaria, donata nel 1733 dal figlio del medico e naturalista Antonio Vallisneri all’Università, venne distinta da quelle naturalistiche e assunse il nome di Gabinetto delle Antichità, ai più recenti restauri.

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Il Museo – mi spiega Alessandra Menegazzi – dopo essere stato per circa un secolo al Bo, venne trasferito nel 1907 presso la Sala dei Giganti e solo nel 1937 ebbe finalmente una sede ad hoc, grazie a Carlo Anti, Preside della Facoltà di Lettere e poi Rettore negli anni Trenta. Anti, infatti, riuscì a far inserire nel progetto del Liviano, nuova sede della Facoltà di Lettere, uno spazio destinato al Museo delle Antichità, che custodisse le collezioni di reperti archeologici di proprietà dell’Università, ma soprattutto le mettesse a disposizione di studenti e studiosi.

Il progetto venne affidato, dopo un concorso di idee, all’architetto milanese Giò Ponti. Fu un progetto chiavi in mano, Ponti infatti progettò non solo l’edificio, ma anche tutti gli arredi: scrivanie, banchi, sedie, librerie, lampade e appendiabiti che ancor oggi costituiscono l’arredo del Liviano.

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Tra Carlo Anti e Giò Ponti – prosegue Alessandra Menegazzi – vi fu da subito una profonda intesa intellettuale ed artistica, ma purtroppo lo scoppio della guerra interruppe la collaborazione e il Museo rimase incompiuto. Negli anni ’60, il successore di Anti, Luigi Polacco terminò l’allestimento, scegliendo tuttavia una linea diversa da quella perseguita da Giò Ponti. Gli spazi solari, dove la luce naturale si fondeva e interagiva con l’architettura e i colori a tinte forti che esaltavano alcune zone, vengono sostituiti da spazi intimi, in cui la luce artificiale avvolge le sale in un’atmosfera patinata e omogenea. 

Nel 1999 – racconta ancora la conservatrice – la necessità di adeguare il Museo alle normative di sicurezza ha dato il via al recupero funzionale ed estetico del progetto originario: sono stati ripristinati volumi e colori dell’architettura di Giò Ponti e riallestite le collezioni, mantenendo la tripartizione originaria dello spazio espositivo voluta da Carlo Anti. Nel Museo, disposte lungo un asse longitudinale, si susseguono la Sala Marco Mantua Benvides, che ospita gli oggetti della collezione cinquecentesca che costituì il primo nucleo del Museo, le Salette didattiche in cui è allestita un’ampia rassegna di materiali d’uso quotidiano, provenienti da collezioni, ma anche dal territorio, suddivisi per ambiti culturali e cronologici, e infine la Gipsoteca, con i suoi preziosi calchi di sculture classiche, inserita da Giò Ponti in una spazio articolato, illuminato al centro da un’apertura a soffitto che richiama l’atrio di una casa romana.

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La nostra chiacchierata volge al termine e le ultime battute sono dedicate al ruolo di questo Museo: pensato per rispondere alle esigenze di conoscenza degli studenti di Archeologia, che oggi hanno qui la possibilità non solo di fare ricerca, ma anche di osservare il back stage di un Museo, il Museo del Liviano è fin dal 1975 un luogo aperto al pubblico. In particolare, in questi anni, si è consolidato il rapporto con le scuole del territorio a cui sono dedicate visite tematiche, percorsi attivi e laboratori didattici, realizzati anche grazie al supporto degli studenti dei Corsi di Laurea di Archeologia e Turismo. Il Museo organizza inoltre visite guidate, conferenze ed esposizioni temporanee e, seppure l’organizzazione universitaria non permetta un orario di apertura stabile, è sufficiente concordare la visita con un po’ di anticipo, direttamente con la conservatrice 

In questi giorni, ad esempio, il Museo ospita una delle cinque sedi espositive della mostra Egitto in Veneto, di cui vi parlerò in un prossimo post. Un’occasione in più per visitarlo !

Visitate il sito ufficiale del Museo: http://www.musei.unipd.it/it/archeologia

Simonetta Pirredda

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Simonetta Pirredda
Simonetta Pirredda

Archeologa di formazione e “turista” per passione, dopo dieci anni trascorsi tra scavi e catalogazioni, dal 2003 collaboro con l’Università di Padova, dove coadiuvo i docenti del Corso di Laurea in Progettazione e gestione del turismo culturale nell’organizzazione di seminari, conferenze ed eventi sulla promozione turistica del territorio, curo i rapporti con aziende ed enti, organizzo escursioni e uscite didattiche. Nel 2007 ho collaborato con docenti e professionisti del turismo e della comunicazione alla progettazione dei contenuti e delle attività formative del Master in Governance delle risorse turistiche territoriali e nel 2012 ne ho appoggiato l’evoluzione, contribuendo alla realizzazione di un nuovo Master in Pianificazione e gestione del Prodotto Turistico. In qualità di tutor del Master ho avuto modo in questi anni di seguire la formazione di una cinquantina di giovani: con alcuni di loro mi capita oggi di collaborare – e Alberto Botton è uno di questi ! -, con molti siamo comunque rimasti in contatto.  Direi che uno degli aspetti più belli del Master è stato proprio il crearsi di una fitta rete di relazioni interpersonali, rapporti di studio e lavoro che a volte si sono trasformati in vere amicizie! 

Il rapporto con il mondo del Turismo, con istituzioni, consorzi, agenzie, imprenditori ecc., ha molto arricchito anche la mia formazione archeologica e storico-artistica, perché mi ha permesso di guardare al patrimonio culturale con lo sguardo rivolto non solo alla tutela e alla valorizzazione, ma anche alla comunicazione e alla promozione in chiave turistica. Oggi quando entro in un Museo, visito una mostra o un’area archeologica, per prima cosa mi chiedo cosa capirebbe mio figlio di tutto ciò e per seconda chissà quanti visitatori avrà. 

Ottimista per vocazione, curiosa e chiacchierona, con una gran voglia di imparare e intraprendere avventure sempre nuove, con questo spirito ho accettato l’invito di Alberto e nel BlogdiPadova vi racconterò il mondo dell’archeologia attraverso … incontri ravvicinati con i protagonisti