Charles Landry a Segnavie. Molte le suggestioni per disegnare la Padova 3.0!

Giovedì e venerdì scorso ho partecipato al workshop e alla lectio magistralis del noto urbanista inglese Charles Landry, uno dei massimi esperti mondiali in materia di progettazione delle città e tra i principali ispiratori del rinnovamento e del rilancio urbano di città quali Glasgow, Helsinki e Bilbao.

Invitato per la rassegna “Segnavie” promossa dalla Fondazione Cariparo, Landry è arrivato a Padova qualche giorno prima per poter conoscere e toccare con mano la realtà locale ed esprimere così il proprio parere sui punti di forza e sulle criticità della città. La relazione, esposta al pubblico in modo accattivante, ha proposto moltissime suggestioni illustrando i criteri e i principi con i quali progettare città e spazi urbani in grado di rispondere alla sfide della città contemporanea, sicchè ho pensato di riportarvene qualcuna. In quanto blog e non testata giornalistica, sappiate che mi limito ad esprimere il mio modesto punto di vista e niente di più.

Charles Landry a PadovaTra le cose più interessanti dette da Landry ci sono i 5 punti “senza tempo” che un po’ in tutte le epoche storiche sono desiderabili per una città e cioè “stability” (1) intesa come quell’insieme di elementi che costituiscono la memoria storica di una comunità, il senso di appartenenza ma allo stesso tempo l’apertura al mondo, l’offerta di nuove opportunità  (2), la capacità di favorire i rapporti, stimolare gli incontri e le relazioni, “in questo Padova è migliore di Dubai” (3), la possibilità di apprendere, di migliorarsi, di crescere come individui, la presenza di un’Università e/o di realtà in grado di offrire alle persone queste opportunità di crescita (4) ed inoltre la capacità di ispirare, di offrire stimoli artistici, (inter) culturali grazie alla presenza di una società aperta alla diversità (5). Per lavorare su questi punti, occorre coraggio da parte dei decisori politici.

Giovedi scorso, nel corso del workshop tenuto presso la sede della Fondazione Cariparo e che ha preceduto la Lectio Magistralis di venerdì, anche l’ex sindaco e senatore Paolo Giaretta si è detto consapevole che oggigiorno non è più possibile imporre dall’alto decisioni forti e che non si può prescindere dalla partecipazione dei cittadini. Dal dibattito in aula è emerso come in Italia manchi quella figura dell’urbanista, tipica del mondo anglosassone, intesa come coordinatore di competenze interdisciplinari, che sia in grado di completare le competenze dell’architetto con quelle del sociologo e dell’urban designer ma che prevalgano di più competenze meramente tecniche, ingegneristiche, architettoniche, a discapito di quelle umanistiche.

Durante lo stesso workshop , il prof. Paolo Gubitta, docente di economica dell’Università di Padova, ha sottolineato come punto 1 e 2 possano essere antitetici ed essere un ostacolo per la costruzione di nuove identità, come quella di un territorio più vasto da mettere a rete, ad esempio lo stesso territorio del Nordest candidato a Capitale Europea della Cultura (candidatura purtroppo bocciata) e che il problema in una visione di questo tipo è la governance territoriale. Ampliare la visione e la gestione unitaria di un territorio più vasto può senz’altro, infatti, permettere una maggiore competitività sul piano internazionale, a maggior ragione se su questo territorio insistono città e luoghi dal grande patrimonio storico, culturale, imprenditoriale come nel Nordest. Io la penso allo stesso modo, tuttavia, lavorare anche sul senso di appartenenza e sull’identità metropolitana della città di Padova forse potrebbe stimolare maggiormente la partecipazione e l’interesse dei cittadini rispetto al futuro e prevenire quei malcontenti e quelle tensioni che si genera ogni qual volta si ipotizza l’ingresso di Padova nell’area metropolitana di Venezia, ad un livello non paritario. Si, lo so, sono un disco rotto ma sono argomenti che mi hanno sempre appassionato!

1238350_551470314920777_2015308047_nLandry ha inoltre utilizzato il linguaggio informatico per distinguere la città 1.0 dalle più accettabili ed intelligenti città 2.0 e 3.0. Con città 1.0 si vuole contrassegnare un approccio più orientato all’ “hardware”, alla componente fisica e materiale delle città, con quella scuola di pensiero che considera la costruzione di nuovi edifici, strade, opere, infrastrutture l’unico modo per creare sviluppo, quello stesso modo di agire figlio del boom economico ed edilizio del dopoguerra che però ha partorito anche molte bruttezze, un’urbanizzazione suddivisa in funzioni separate disegnata e calata dall’alto. Parlando di Padova, Landry ha citato la Stanga dicendo che non si stupisce dei molti cartelli “Vendesi appartamenti”. Poco verde, troppo cemento, traffico…

La città 2.0 è quella che concilia l’approccio hardware con quello “software” contrassegnato da componenti immateriali, quali appunto le idee, la creatività. Padova ha realizzato il centro culturale Altinate – S. Gaetano con il restauro di un edificio avvenuto prima di riflettere sul contenuto, sul come utilizzarlo. Una logica 2.0 avrebbe dovuto pensare prima alle idee su cosa si voleva fare e solo successivamente realizzare uno spazio adeguato allo scopo. Facendo cenno al progetto dell’auditorium, Landry si chiede e ci chiede se può aver senso realizzare uno spazio che intercetti un pubblico da tutta la regionale o può essere conveniente spendere un terzo di quelle risorse in progetti che valorizzino la creatività e la capacità di produrre cultura dei giovani…il dibattito è aperto. Secondo Landry anche vecchi spazi dismessi, quali i nostri macelli, potrebbero essere utilizzati per incubatori a servizio dell’economia.

La città 3.0 è quella dell’approccio “T(Here)”, “Here and there”, qui e là, in cui grazie alle nuove tecnologie e alla possibilità di comunicare in tempo reale con il resto del mondo, il luogo in cui si vive e lavora non è così essenziale, visto che basta una connessione per poter interagire a livello globale. Si tratta di una città in cui la creatività può essere stimolata dal digitale e dalla trasparenza nel digitale, concetti quali open data, open source, crowdsourcing, diventano interessanti perchè saranno le città in grado di far propria questa” filosofia” quelle in grado di creare nuove opportunità e stimolare la partecipazione dei cittadini, oltre che dei talenti, per la soluzione dei problemi.

892564_626728977340676_2068067378_oNel corso della conferenza Landry ha anche spiegato come il suo indice di creatività  non sia finalizzato a stilare classifiche o ranking vari che lasciano il tempo che trovano ma che piuttosto debba essere considerato uno strumento che le città possono utilizzare per lavorare su di se stesse, per autovalutarsi, per tirar fuori i punti di forza e debolezza e ragionare sul proprio futuro, un modo per auto-analizzarsi insomma, così come ha fatto Bilbao in passato per riuscire poi ad attirare investitori dall’estero attirati dal lavoro fatto sul territorio. Un lavoro quello dell’auto-analisi che a Padova, credo, farebbe molto bene, se non altro per capire se stessa e per dare un’immagine di se all’esterno e ai cittadini che sia il più possibile coerente rispetto ad una visione condivisa.

Ora spetta a Padova scegliere quale approccio utilizzare tenendo bene a mente che anche la bellezza è uno dei principi da seguire per realizzare spazi dove vivere bene!

http://www.segnavie.it/

http://www.fondazionecariparo.net/

Alberto Botton

http://about.me/abotton

1 commento

  1. studiosi in grado di cambiare il nostro modo di vivere e pensare le città: i nostri decisori e i dirigenti saranno in grado di creare questi nuovi scenari?

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