L’ex ghetto ebraico è uno dei luoghi più piacevoli ed animati del centro storico di Padova.
Una delle zone più amate dai padovani e, che inserisco nella categoria del blog in cui suggerisco cosa vedere a Padova, è quella dell’antico ghetto di Padova, un quartiere medievale con bei palazzi restaurati e animato da negozi, antiquari, gallerie d’arte, botteghe e locali frequentati da padovani, studenti e turisti e non mancano spazi dedicati a mostre ed eventi.
L’ex ghetto ebraico di Padova sorge a ridosso del lato meridionale della centralissima Piazza delle Erbe ed è indubbiamente uno dei luoghi da vedere a Padova. Si tratta del principale tra i luoghi della Padova ebraica (ma non l’unico): qui batte il cuore della comunità ebraica padovana di oggi che si ritrova nella sinagoga cittadina e si riconosce nel Museo ebraico di Padova, luogo di cultura e testimonianza. Il ghetto fu attivo dal 1603 fino al 1797 quando sotto la spinta della rivoluzione francese e l’arrivo dei soldati napoleonici in città gli ebrei furono dichiarati cittadini liberi ed uguali agli altri e le quattro porte che rinchiudevano di notte gli ebrei in uno spazio davvero angusto vennero abbattute.
Con l’emancipazione degli ebrei e l’apertura del quartiere alla città, le caratteristiche botteghe, per lo più piccole e modestissime, se non misere, rimasero tali: rigattieri, alimentari, rimesse. Ora la zona chiamata Ghetto è una delle più belle e caratteristiche di Padova.
E pensare che, durante i primi decenni del Novecento l’ex ghetto ebraico di Padova ha rischiato di essere completamente raso al suolo come già il borgo medievale di Santa Lucia e di finire così tra i luoghi della Padova sparita. All’epoca, evidentemente, questi erano luoghi degradati, con case vecchie e fatiscenti, spesso sovraffollate, con scarsi servizi igienici e dove vi si annidava povertà e microcriminalità e dai racconti di conoscenti, fino agli anni ottanta del Novecento, il ghetto era una zona residenziale piuttosto popolare. Oggi, grazie ai restauri e alla riqualificazione dei palazzi e alla vitalità delle sue vie è tra le zone più belle e piacevoli del centro storico da frequentare.
L’antico ghetto di Padova e l’area del “ghetto” comunemente detto…


La bellezza del ghetto di Padova sta nelle sue vie strette vie a ciottoli, nell’eleganti facciate di alcuni palazzetti, molti restaurati mantenendo l’aspetto originario, nelle alte abitazioni, le cosiddette case-torri, nelle piccole botteghe che portano avanti tradizioni antiche come quelle della vendita dei tessuti e scampoli, che, dopo la soppressione del Ghetto, si sono diffuse anche nelle vie circostanti.
In effetti oggi i padovani chiamano “ghetto” un’area più ampia di quello che fu il ghetto storico vero e proprio, una zona suggestiva in cui si concentrano botteghe, gallerie d’arte, stampe e libri antichi e di antiquariato, originali negozi di moda vintage oltre a spazi dedicati a mostre ed eventi, dove poter visitare mostre di artisti affermati e/o emergenti.
E non mancano locali, enoteche, pub, oltre a qualche osteria e ristorante frequentati ed apprezzati sia dai padovani sia dai turisti.
Potete vedere nell’immagini qui sopra i confini dell’antico ghetto di Padova e quelli dell’area del ghetto in senso più ampio, che potremmo chiamare quartiere ebraico di Padova. La cosa non è comunque particolarmente strana o antistorico poiché, quando furono abbattute le porte, per mano dei napoleonici, nel 1797, una parte della comunità ebraica cittadina rimase a vivere nelle immediate vicinanze del ghetto, come lo era stato anche prima dei provvedimenti di “reclusione”.
Un po’ di storia ebraica padovana
Le vie dell’antico ghetto ebraico di Padova e le vie limitrofe sono quindi decisamente animate anche di sera, a partire dall’orario dell’aperitivo.
La comunità ebraica di Padova è tra le più antiche del Veneto. Gli ebrei giunsero in città sin dal medioevo a tal punto che i primi insediamenti risalgono al XII secolo nella zona dell’attuale via Savonarola e Ponte San Leonardo, la stessa zona dove è oggi visitabile l’antico cimitero ebraico di Padova, in via Wiel, l’unico visitabile dei 7. La crescita demografica della Padova ebraica si ebbe grazie all’Università, quella stessa Università degli Studi di Padova, che orgogliosamente può esibire il proprio motto ai quattro venti: Universa Universis Patavina Libertas. L’Università di Padova garantì, fin da subito (il 1222 è l’anno di fondazione). il diritto di studio ai praticanti di qualsiasi religione, segno di apertura e tolleranza. Allo stesso tempo la vocazione commerciale di Padova già ebbe modo di manifestarsi nel Trecento, durante il governo della Signoria dei Carraresi, attraendo così, prestatori di denaro e venditori di oggetti di seconda mano.
Fu così che per esigenze legate all’attività legate al commercio che un po’ alla volta, molti ebrei preferirono stabilirsi in posizioni più centrali, tra cui anche quella di quello che divenne successivamente il ghetto.
Ghetto ebraico di Padova attivo dal 1603 al 1797
Le porte del ghetto di Padova, custodite ciascuna da due persone, una di religione ebraica e l’altra cristiana, che impedivano agli ebrei di uscire dopo le due di notte, delimitavano un’area decisamente angusta. Le porte di accesso dell’antico ghetto di Padova erano collocate su quattro punti all’imbocco di tre stradine che si intersecano. La porta nord si trovava all’imbocco di via delle Piazze vicino alla Chiesetta di San Canziano, quella Sud, in via dell’Arco angolo via Marsala, ad est all’inizio di via S. Martino e Solferino da via Roma mentre ad ovest nella stessa via all’altezza dell’incrocio con via dei Fabbri. Pensate che fino a pochi anni fa, prima del restauro degli edifici d’angolo, si potevano ancora vedere i cardini di queste porte “infami”. Gli ebrei potevano uscire dal ghetto durante il giorno solo esibendo il “segno giudaico” (una rotella gialla o bianca e rossa, o cappello giallo, o con nastri gialli o velo giallo). Soltanto la Repubblica Veneta permetteva agli Ebrei di passaggio di girare tre giorni senza.
L’antico ghetto di Padova sorgeva in un’area di circa 8000 mq in cui vissero anche più di 800 persone contemporaneamente con una densità abitativa incredibile. Non a caso le abitazioni crebbero in altezza e le cosiddette case-torri sono visibili in via dell’Arco. All’interno dell’attuale Hotel Toscanelli, un tempo sede dell’accademia rabbinica, si può ancora vedere un caminetto con lo stemma della famiglia Salom.
Essendo loro interdetto alle corporazioni delle Arti e dei mestieri gli ebrei si dedicavano al prestito di denaro e alla “strazzeria”, il commercio dell’usato. All’interno del ghetto si arrivò a poter contare 63 botteghe.
Se il Museo è ospitato in quella che fu la sinagoga ashkenazita di rito tedesco, sorta nel 1682, e distrutta quasi completamente dalle fiamme di un pogrom fascista nel 1943 (l’edificio è stata restaurato dalla comunità ebraica di Padova e restituito alla città nel 1998), nell’edificio d’angolo tra via delle Piazze e via San Martino e Solferino, all’ultimo piano c’era la sinagoga sefardita di rito spagnolo, proprio di fronte alla sinagoga di rito italiano, l’unica rimasta in uso alla comunità e aperta alle visite guidate.
Dal sottoportico di via San Martino e Solferino, all’altezza dell’Hotel Toscanelli, sulla destra, si accedeva alla Corte Lenguazza, ora privata. Un tempo questa corte era la piazza del ghetto di Padova e rappresentava il cuore della comunità ebraica padovana: qui si potevano trovare gli azzimi e la carne macellata e preparata secondo i rigidi precetti religiosi.
Nella via ha sede l‘Associazione “In Ghetto” nata per promuovere culturalmente e commercialmente quest’area che, per quanto frequentata, non è così nota tra i padovani stessi. Dal sito dell’associazione potete leggere questo itinerario corredato da immagini.





Il Museo ebraico di Padova, allestito nell’ex sinagoga ashkenazita
In via delle Piazze, 26, a poco più di una ventina di metri di quella che era la porta settentrionale dell’antico ghetto di Padova, sorge il Museo ebraico di Padova (clicca e leggi il mio approfondimento) o, come leggerete, dall’insegna all’ingresso il “Museo della Padova ebraica”.
Si tratta di un punto di riferimento importante per la comunità ebraica padovana. Allestito nel palazzo che dal Cinquecento ospitava la sinagoga di rito tedesco (ashkenazita), date alle fiamme da squadracce di fascisti padovani nel 1943 e restaurato solo a fine anni Novanta del secolo scorso, è aperto dal 2015. Visitando questo museo si può scoprire la storia e le personalità più eminenti della comunità ebraica padovana che hanno saputo nel corso dei secoli guadagnarsi una posizione di rilievo nella vita cittadina e tra la classe dirigente di questa città. Il museo conserva inoltre oggetti sacri di grande valore, organizza visite guidate ed è moltissimo attivo ne proporre eventi culturali a beneficio della cittadinanza e dei turisti per far conoscere il patrimonio storico e culturale dell’ebraismo in Italia.
E’ lo stesso staff del Museo della Padova ebraica ad organizzare visite guidate alla sinagoga di Padova ed all’antico cimitero ebraico di via Wiel.
La sinagoga di Padova





La sinagoga di Padova di oggi, utilizzata dalla comunità ebraica cittadina è situata in via San Martino e Solferino, 9. Il ghetto di Padova poteva storicamente contare su ben 3 sinagoghe, quella di rito tedesco, la sinagoga ashkenazita, quella di rito spagnolo, la sinagoga sefardita.
La sinagoga italiana, l’unica rimasta aperta per le celebrazioni religiose della comunità ebraica di Padova e per le visite guidate, fu fondata nel 1548 e ricollocata nel 1617, è un luogo di culto di grande pregio e di interesse. E’ caratterizzata dall’Aron, l’armadio sacro che contiene la Sefer Torah, i rotoli della legge, in marmi policromi e da un pulpito in legno di olmo, un antica pianta dell’Orto Botanico colpita ed abbattuta da un fulmine.
Curiosare tra negozi, mangiare o bere qualcosa nel ghetto di Padova
(Paragrafo in aggiornamento).
Antonio Ciscato, negli “Ebrei in Padova” descrisse cosa doveva essere il ghetto: “Lavoro lungo e dispendioso fu quello di ridurre le case in modo che potessero accogliere una popolazione così varia per censo e numero di componenti…L’aspetto del quartiere era miserevole, benchè vi sorgessero anche case comode e grandi. Le quattro vie che lo attraversavano erano anguste e tortuose, le case alte impedivano al sole di battervi liberamente…Che le condizioni igieniche fossero assai tristi è facile pensare; il soverchio agglomeramento di persone in case umide e tetre favoriva il diffondersi di malattie epidemiche e contagiose”.
Sema Cuzzeri, nel 1684, in suo poemetto diceva:
“Sorge, nel mezzo della gran cittade
di Padova ver la piazza angusto il Ghetto
ed apron quattro porte a quattro strade
tanto l’uscita altrui quanto il ricetto
mentre sopra le porte angusto regna
glorioso leon veneta insegna”
Alberto Botton