L’8 febbraio 1848 per Padova. Storia e goliardia

8 febbraio 1848 curiosità di Padova

L’8 febbraio 1848 è una data storica per la nostra città ma non tutti ne sono a conoscenza, nemmeno tra i padovani…


Padova è una delle città universitarie più note d’Italia e la goliardia a Padova testimonia, con la sua storia e tradizione, il legame inscindibile tra la città e la sua università, una condivisione che riguarda anche una data storica l’8 febbraio 1848.

Avrete sentito usare l’espressione “fare un ’48” per indicare un’improvvisa confusione e scompiglio, espressione che si riferisce alla cosiddetta “Primavera dei popoli” con la quale si identifica l’ondata di moti rivoluzionari borghesi che sconvolsero l’Europa della Restaurazione nel 1848.

In molti associano questa data ad una generica “festa delle matricole” della goliardia padovana ma non è affatto così. O meglio, i goliardi festeggiano per definizione e l’8 febbraio li vedrete cantare, bere, gironzolare per il centro storico, bere e scherzare, bere, non necessariamente con questo ordine , ma i festeggiati non saranno affatto le matricole.

L’8 febbraio 1848 a Padova. La rivolta di studenti e popolani contro l’Impero Austriaco

8 febbraio 1848 Padova

L’8 febbraio 1848 è una data significativa per l’Ottocento a Padova. Ebbene, pochi lo sanno, ma Padova è stata una delle prime città in Italia ed Europa a dare il via ai moti del ’48.  Proprio l’8 febbraio di quell’anno, infatti, studenti universitari e cittadini padovani, si ribellarono all’ennesimo atto di arroganza dei dominanti austriaci dando vita al primo moto di rivolta. La rivolta del Bo anticipò le 5 giornate di Milano e i veneti, nel Risorgimento, hanno avuto un ruolo decisivo non solo con la Repubblica di Venezia di Daniele Manin, ma anche con un movimento d’opinione d’élite che sposò gli ideali di Cavour, Mazzini e Garibaldi.

Punto di ritrovo di questi rivoluzionari erano: il celebre Caffè Pedrocchi, il Palazzo del Bo sede dell’Università di Padova e lo storico Palazzo Papafava dei Carraresi.

La rivolta dell’8 febbraio. I fatti

Il giorno precedente il maresciallo austriaco d’Aspre pretese di passare in carrozza laddove stava sopraggiungendo il corteo funebre di uno studente.

Il giovane Bortolo Lupati apostrofò veementemente l’arrogante generale intimandogli di retrocedere. Scolari e cittadini si ribellarono, a nulla servirono i tentativi di placare gli animi, l’università venne chiusa, nelle strade vennero posti picchetti armati; si sparò, vi furono morti e feriti (da Le strade di Padova di G.Toffanin).” 

Un proiettile conficcato nella sala bianca del Pedrocchi a fare da reliquia,  in un moto spontaneo che esprimeva tutta la voglia di libertà e di indipendenza. Gli scontri poi proseguirono al Castello, assaltato per liberare prigionieri politici.

Questi sentimenti patriottici condivisi in altre città per lo più in ambienti aristocratici trovarono a Padova terreno fertile in un’ élite cosmopolita  figlia dell’illuminismo francese e tenace avversaria del regime dispotico austriaco. Il Bo, e l’Università in Veneto, venne equiparato agli altri atenei  dell’impero e sottoposto ad una rigida censura che vietava il formarsi di qualsiasi associazione. Padova rispose con lo sciopero del fumo per non pagare all’imperatore la tassa sui sigari, prima e con l’8 febbraio. 

Se volete leggere un’interessantissimo documento ho scovato questa commemorazione di quei fatti letta l’8 febbraio 1892 nell’aula magna dell’Università di Padova pubblicata dagli editori Drucker (la storica libreria di Padova al piano terra del Bò!) in cui potete scoprire la dinamica dei fatti che hanno portato alla rivolta.

Grandi protagonisti furono gli studenti, due dei quali morirono negli scontri: Giovanni Anghinoni e Giovanni Battista Ricci. Non a caso l’8 febbraio è forse la giornate più importante della goliardia padovana in cui vengono commemorate queste vittime prima di procedere all’elezione del nuovo tribuno, il loro rappresentante.

La goliardia di Padova commemora le vittime dell’8 febbraio 1848

Dal 1900 questa data fu scelta dalla goliardia di Padova per la festa del cambio tribuno e ovviamente per la commemorazione delle vittime dell’8 febbraio 1848

Il “cambio tribuno” e quindi la nomina del nuovo capo dei goliardia, avviene in mattinata nel cortile antico del Palazzo del Bo, sede storica dell’Università di Padova e viene sancito con il coro “Gaudeamus Igitur”, noto inno della goliardia internazionale.

Il teatro di questi scontri fu proprio quella che oggi conosciamo come via 8 febbraio 1848, tra Università ed il Caffè Pedrocchi all’interno del quale è visibile il foro procurato da un proiettile asburgico (all’interno della Sala Bianca.

PS: In omaggio al tricolore la denominazione delle sale “Sala Bianca, Sala Verde, Sala Rossa”). La sala verde era ed è la sala in cui si può sostare senza obbligo di consumazione e il detto “restare al verde” ha proprio origine da la fatto che anche chi non aveva soldi poteva restare in questa sala).

Ed è proprio in Sala Bianca, che, nel pomeriggio avviene la commemorazione delle vittime dell’8 febbraio con la posa della corona di fiori prima di cantare in coro il “Di canti, di gioia”, inno della goliardia italiana.

Il Museo del Risorgimento al Piano Nobile del Caffè Pedrocchi

La storia di Padova, dunque, si intreccia con la storia d’Italia, e nel 2011 furono molte le iniziative per celebrare i 150 anni di questo paese.

A dimostrazione di quanto detto basta citare 4 punti per ricordare come Padova, all’Italia, abbia dato molto:  

  • l’8 febbraio 1848, come detto, giorno della rivolta di studenti e popolani, primo moto di indipendenza del 1848 in Europa,
  • il numero di padovani che, o con Garibaldi o con l’esercito piemontese, sono fuggiti dall’autorità austriaca per combattere le guerre di indipendenza,
  • il ruolo di Padova, dopo Caporetto, come “capitale del fronte” con tutte le conseguenze e le responsabilità relative
  • e la medaglia d’oro al valore per la Resistenza che si è guadagnata l’Università di Padova, unica in Italia, per l’alta partecipazione di professori e studenti.

Ecco perché è giusto che ci sia a Padova, al piano nobile del caffè Pedrocchi il Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea (ingresso libero per i possessori della PadovaCard) e che dovrebbe essere conosciuto e visitato da tutti, padovani e turisti, vista l’importanza ed il valore simbolico del luogo rispetto alla storia italiana

Alberto Botton

10 commenti

  1. Sinceramente non saprei risponderle. Giacomo Casanova frequentò Napoli in giovane età e potrebbe essere solo affetto per la città e ricordo delle sue avventure sotto il Vesuvio. Oppure potrebbe essere come dice lei…Certo che l’idea di un sentimento patriottico italiano ci potesse essere già nel Settecento da parte di cittadino della Serenissima dovrà sorprendere non poco quelli che tutt’ora oggi tendono ad amplificare le diverse appartenenze regionali piuttosto che quella nazionale.
    In ogni modo grazie per il commento!
    Alberto

  2. Leggendo l’autobiografia di Casanova veneziano so con certezza che l’Italia come sentimento esisteva già dal 1700. Altrimenti perché mai un Veneto all’estero si sarebbe commosso sentendo cantare in napoletano?

  3. Grazie a te per il tuo bel commento. Concordo o, quantomeno, piace anche a me pensare che i fatti dell’8 febbraio 1848 a Padova si inseriscano in un movimento europeo che ormai ne aveva abbastanza dell’arroganza di Imperi e di Stati che dominavano altri popoli. L’idea di un’Italia unita ha smosso passioni forti per via del fatto che poteva rappresentare una rivalsa e l’occasione per liberarsi dall’oppressione dei dominatori stranieri.
    Un saluto,
    Alberto

  4. Non sono uno storico e non ho la pretesa di esserlo.
    Mao diceva “e’ il popolo che scrive la storia, ma è poi è il potere che la racconta” ed è indiscutibilmente vero.
    Mi domando chi conosce l’operazione Gomorrah che scaricò sulla città di Amburgo quasi 8.000 tonnellate di bombe, in buona parte incendiarie al fosforo, causando 50.000 morti deliberatamente fra i civili, con lo scopo di “fiaccare il morale della popolazione” comne dichiaro lo stesso Churchill.
    E da sempre mi chiedo quale sia stata l'”utilità” della seconda atomica, quando il Giappone era già pronto a firmare la resa incondizionata ?
    L’osservazione storica è assolutamente puntuale e corretta, ed è ben vero che il “concetto di Italia” esisteva sono negli ideali di pochissimi ma, a mio modestissimo parere, il significato dell’episodio va assolutamente al di là delle collocazioni territoriali o di “appartenenza” ma è un tassello degli innumerevoli altri episodi che in tutta Europa (non coordinati o strumentalizati), evidenziano in quegli anni l’insofferenza e la ribellione verso qualsiasi forma di oppressione o dominio. Il segno di un passaggio epocale, storico e in molti casi purtroppo ancora incompleto, che segna la fine dei regimi assoluti e il passaggio alla democrazia, per quanto meglio sia possibile.
    grazie ad entrambi per lo spunto di riflessione

  5. Per via che la storia la scrivono i vincitori siamo d’accordo ed accolgo l’invito a considerare con maggior senso critico i fatti della storia. Buona giornata

  6. Buongiorno, la ringrazio per la risposta. Sicuramente c’erano dei veneti che sostenevano la lotta per l’unità d’italia, come ci sono stati dei veneti che avevano che si erano arruolati con Garibaldi. In primis bisogna dire che la “lotta per l’unità d’italia” non era una “lotta per l’unità d’italia” bensì l’appoggio, più o meno consapevole, alla guerra di aggressione che il piemonte dei savoia, con la regi dei francesi e degli inglesi, stava facendo nei confronti di altri stati sovrani che insistevano nella penisola italica. Quindi non esisteva un sentimento popolare di unificazione degli stati italiani, bensì solamente la volontà espansionistica di uno di questi, il regno sabaudo piemontese. I portatori del cd.”sentimento italiano” in realtà erano quattro gatti, probabilmente anche prezzolati, su 4 milioni di abitanti. I Veneti arruolatisi con garibaldi erano poco più di 200, quindi un numero insignificante, oltre al fatto che i “garibaldini” erano “volontari” pagati e quindi mercenari. Essendo mercenari il valore della causa aveva ben poco significato. Quindi, mi permetto di pregarla, di fare una analisi critica di tutto quello che le hanno fatto studiare ricordandosi che la storia insegnata nelle scuole è stata scritta dai savoia/piemontesi e dai fascisti per la loro propaganda e per giustificare delle guerre di annessione avvenute con aggressioni giustificate dalla situazione fallimentare del regno sabaudo.

  7. Mi dispiace ma non avevo ricevuto la notifica per questo commento.
    Il tema indubbiamente si presta a strumentalizzazioni. Hai ragione a dire che nel 1848 non esisteva l’Italia ma mi risulta esistesse un “sentimento” italiano almeno in chi sosteneva la lotta per L’Unità d’Italia. Mi risulta ci fossero molti veneti tra i Garibaldini…In ogni modo non mi interessa fare propaganda, sono orgoglioso e considero Padova ed il Veneto la mia terra e se ho scritto con ignoranza , l’ho fatto umilmente senza pormi da “storico” che non sono. Le fonti e la possibilità di documentarsi sono a disposizione di tutti. Saluti

  8. per favore se vogliamo fare gli storici scriviamo la verità e non la propaganda. Nel 1848 l’italia non esisteva ancora, esisteva un regno d’italia (che altri non era che il regno di sardegna alias regno di piemonte o teste di legno di napoleone, che aveva cambiato nome) che nulla c’entrava con la Venezia. Padova non era una città italiana, l’Università di Padova non era una università italiana e chi è insorto contro gli occupanti austriaci non erano studenti italiani ma studenti padovani, veneti. Padova e il Veneto, anzi la Venezia, sono state annesse a regno del piemonte solo nel 1866, con la violenza e l’inganno. Tutto il resto è propaganda in malafede o ignoranza.

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